Udine ricucì il Tricolore salvato dagli eroi di Oliosi
6
GIUGNO
2016
dal “Messaggero Veneto”.
Adele Luzzatto e la madre Fanny ricomposero i brandelli nascosti dal manipolo di fanti catturato dagli austriaci
di VALERIO MARCHI
UDINE. Centocinquant’anni fa, Terza guerra d’indipendenza, battaglia di Custoza: la brigata Forlí (43º e 44º Reggimento Fanteria), che porta la bandiera, viene scompaginata dalla cavalleria leggera austriaca.
Un manipolo di ufficiali, sottoufficiali e soldati del 44º (una quarantina in tutto, portabandiera incluso) viene assalito e, dopo vani tentativi di resistenza, dirigendosi verso Castelnuovo del Garda si ritrova sbandato e separato dal grosso del battaglione.
Intrappolati, i militi italiani si rifugiano a Oliosi, nella cascina detta “Casa Benati”, resistendo valorosamente sinché il nemico appicca le fiamme all’edificio.
Gli assediati, rimasti oltretutto senza munizioni, sono costretti a uscire, ma con onore. Il comandante austriaco, infatti, vista l’esiguità del loro numero, esclama: «Bravi, vi siete battuti come leoni, io credevo di prendere un battaglione».
Prima di arrendersi, tuttavia, i nostri – disposti a dare la vita pur di non consegnare la bandiera al nemico – avevano spezzato e bruciato l’asta, nascosta sotto le ceneri del focolare la freccia (cioè la parte superiore dell’asta stessa) e tagliato il drappo in tredici strisce, poi nascoste nelle divise degli ufficiali e del furiere maggiore, con la promessa di conservarle sino alla liberazione e di restituire al reggimento la bandiera ricomposta.
I prigionieri, condotti in varie località dell’impero austriaco (soprattutto Zagabria), conservano segretamente i pezzi del drappo e, alla fine della guerra (12 agosto), rientrano in Italia con i brandelli (meno uno, pare a causa della morte del soldato che lo custodiva).
Il 28 agosto tre donne friulane ricevono il compito di ricucirli presso la stazione di Udine, dove i militari italiani che rientrano in patria si fermano in quarantena a causa del colera.
Le incaricate sostituiscono altresí il pezzo mancante con cordoncini di seta verde sopra e sotto il drappo, congiungendoli all’asta nuova concessa dal Ministro della Guerra (in ottobre, poi, sarà aggiunta la freccia, salvata dalla padrona della cascina di Oliosi per riconsegnarla alle truppe italiane a Verona).
Conosciamo i nomi di due donne ritenute degne dell’incarico, appartenenti a una prestigiosa famiglia ebraica di Udine: Adele Luzzatto (infaticabile crocerossina, insignita del titolo “La dama udinese piú pura”) e sua madre Fanny Luzzatto, indomabile patriota.
Il giornale udinese “La Voce del Popolo” riferisce, in quei giorni: «La bandiera del 44º ha traversato quasi tutti gli stati dell’impero Austriaco e ora torna in patria, partendo da Udine ricongiunta, essendosi all’uopo prestata la mano della gentile signora nostra concittadina Adele Luzzatto».
Il 25 ottobre 1866, in piazza San Marco a Venezia, la bandiera del 44° Fanteria, prima di essere inviata a Torino, viene solennemente restituita al reggimento schierato. Oggi, restaurata dal gruppo di lavoro Filicontati nel 2013, è esposta nel Museo Storico della Fanteria di Roma.
Nel 1908, su una parete della “Casa della Bandiera” di Oliosi fu posta una targa in marmo, opera di Ruggero Dondè, con un testo per gli eroi del 44º; sempre lí, inoltre, ogni anno si rievoca l’evento.
Non solo, ma la bandiera di Oliosi, in quanto «simbolo per eccellenza dell’Unità d’Italia e del sentimento patriottico» aprí la parata del giugno 2011 per il 150º del Regno d’Italia a Roma, dove sfila ogni 2 giugno in via dei Fori Imperiali in occasione della festa della Repubblica.
Ora, su impulso dell’Amministrazione comunale di Castelnuovo del Garda (in primis il sindaco Giovanni Peretti e l’assessore alla Cultura Ilaria Tomezzoli, che ringraziamo assieme al Museo Storico della Fanteria) è in uscita
il volume “La bandiera restaurata di Oliosi 1866-2016”, curato da Claudia Farina, con contributi – oltre che di quest’ultima – di Vasco Senatore Gondola, Nazario Barone, Silvia Felli, Luisa Mocci, Nicoletta Vicenzi, Valentina Catania e di chi vi scrive.